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Unione europea: la Direttiva ATAD 3 e il contrasto all’uso improprio delle società di comodo 

Il 22 dicembre 2021, la Commissione europea ha pubblicato una proposta di direttiva (la c.d. Direttiva ATAD 3) che modifica la Direttiva 2011/16/EU e prevede delle disposizioni per contrastare l’uso improprio di società di comodo per fini fiscali.

La proposta stabilisce l’obbligo di rendicontazione per tutte le società che hanno residenza fiscale nell’Unione, a prescindere dalla natura giuridica, e che esercitano una attività economica minima o che non esercitano alcuna attività. Queste ultime non potranno beneficiare di agevolazioni fiscali. È previsto inoltre, in alcuni casi, l’aumento della ritenuta alla fonte, nonché sanzioni in caso di mancata o erronea rendicontazione.

Una volta adottata, gli stati membri dovranno recepire le misure in essa contenute entro il 30 giugno 2023 e farle entrare in vigore entro il 1° gennaio 2024.

Per stabilire se una società ricade oppure no nelle nuove disposizioni si prenderà in considerazione la posizione della società stessa negli ultimi due anni. Quindi, potrebbe rilevare, ai fini delle nuove previsioni, anche la posizione della società al 1°gennaio 2022.

Per non essere soggette alla disciplina contenuta nella Direttiva, le aziende dovranno rivedere con largo anticipo la loro struttura e adeguarsi, nel caso, ai nuovi “substance requirements”.

Quanto al procedimento di segnalazione che le aziende devono seguire e le conseguenze che ne derivano, il primo passaggio consiste innanzitutto nel capire se la società è tenuta oppure no a presentare il report. La risposta è affermativa nel caso in cui:

  1. Più del 75% delle entrate complessive nei due anni di imposta precedenti non deriva dalla sua attività o se più del 75% del suo patrimonio è costituito da società immobiliari o da altre proprietà private di valore elevato;
  2. La società è coinvolta in attività transfrontaliere, e quindi riceve la maggior parte del proprio reddito da transazioni legate ad un’altra giurisdizione o trasferisce tale reddito ad altre società situate all’estero;
  3. Nei due anni d’imposta precedenti la società ha esternalizzato l’amministrazione delle operazioni ordinarie e le decisioni sulle funzioni rilevanti.

Alcune società, ad esempio quelle con valori mobiliari quotati nei mercati regolamentati, non sono soggette alle nuove disposizioni. Nel caso in cui una società non rientri nelle previsioni della Direttiva può fornirne prova e chiedere una esenzione dall’obbligo di rendicontazione. L’esenzione è concessa solitamente per un anno e può essere estensa fino a cinque.

Il passaggio successivo consiste nella presentazione della rendicontazione. Le aziende dell’UE che sono tenute a presentare un report devono dichiarare nel self assessment se soddisfano determinati requisiti minimi di sostanza, in particolare se:

  1. La società dispone di un ufficio
  2. La società ha almeno un conto bancario attivo nell’UE e
  3. La società soddisfa uno dei seguenti due requisiti:
    • Almeno un amministratore della società:
  • È residente o vive vicino alla giurisdizione della società
  • È qualificato e autorizzato a prendere decisioni rilevanti
  • Non è un dipendente di una parte non correlata e non è un amministratore di alcuna altra società non collegata.
    • La maggior parte dei dipendenti della società è residente o risiede vicino alla giurisdizione della società e tali dipendenti sono impiegati in attività che sono fonti di reddito.

Anche in presenza delle condizioni suindicate, la società potrebbe sempre provare di non rientrare nella nuova disciplina. La prova è a suo carico ed è soggetta all’accertamento da parte dell’amministrazione finanziaria.

Inoltre, nel caso in cui la società residente nell’Unione non rispetti il requisito della sostanza o non proceda secondo le previsioni della direttiva riguardo alla presentazione del rendiconto da ciò deriverà che:

  • Gli altri Stati membri non terranno conto dell’applicazione dei trattati fiscali e non applicheranno le direttive sulle società madre-figlia e sugli interessi e i canoni in relazione alle transazioni con la società dichiarante;
  • Lo Stato membro interessato può tuttavia consentire l’applicazione dei benefici previsti dalla legislazione nazionale o dai trattati fiscali in relazione all’azionista della società dichiarante (cioè il trattamento “look-through”);
  • Se la società dichiarante ha un azionista dell’UE, la giurisdizione dell’UE dell’azionista tasserà il reddito rilevante della società dichiarante come se fosse maturato direttamente a loro, secondo le sue regole nazionali;
  • La società dichiarante non riceverà più, in linea di principio, un certificato di residenza fiscale o l’autorità fiscale competente emetterà un certificato di residenza fiscale modificato indicando che la società dichiarante non ha più diritto ai benefici del trattato o delle direttive UE pertinenti.

Infine, per quanto riguarda lo scambio di informazioni, sanzioni e verifiche fiscali sarà istituita una banca dati centrale accessibile a tutti gli Stati membri con informazioni relative a tutte le società dell’UE che sono considerate società dichiaranti e che sono tenute a fare la segnalazione nella dichiarazione dei redditi. Gli Stati membri possono introdurre sanzioni fino al cinque per cento dei ricavi annuali per le società che non comunicano o presentano segnalazioni errate. Da ultimo, gli Stati membri possono chiedere ad altri Stati membri di avviare una verifica fiscale se sospettano che una società dell’UE non sia conforme alle disposizioni della direttiva.

Redazione