Il 12 maggio 2021 è stato presentato un disegno di legge (che sarà discusso alla camera dei Comuni il 15 giugno) che prevede di estendere l’attuale sistema di interdizione degli amministratori alle ipotesi di scioglimento della società.
Secondo la disciplina vigente, la condotta degli amministratori di società attive o insolventi è oggetto di indagine da parte dell’Insolvency Service (che opera per conto della Segreteria di Stato) e qualora si riscontrino irregolarità nelle condotte degli amministratori si può richiedere la loro rimozione. Tuttavia, se l’Insolvency Service intende investigare la condotta degli amministratori di una società sciolta, quest’ultima deve prima essere reintegrata nel registro.
Il disegno di legge presentato in Parlamento ha proprio l’obiettivo di eliminare questo passaggio – che si ritiene comporti solo un dispendio di tempo e di risorse economiche -, modificando così il Company Directors Disqualification Act del 1986. La necessità di questa riforma è legata alle numerose lamentele che vengono riferite all’Insolvency Service. In primo luogo, le società sono spesso sciolte per evitare che vengano svolte indagini sui suoi amministratori. Inoltre, vi è da considerare che lo scioglimento è usato come uno strumento che permette alla società di liberarsi dalle sue responsabilità con il trasferimento della attività in un’altra società. Infine, gli amministratori optano per lo scioglimento come alternativa alle procedure formali di insolvenza per ridurre i costi ed evitare controlli sulla loro condotta.
Se, però, da un lato il disegno di legge dovrebbe risolvere le criticità legate alle società sciolte, i problemi permarrebbero riguardo a quelle ancora attive: una parte terza, quale potrebbe essere un creditore, solleverà preoccupazioni riguardo alla condotta degli amministratori sempre tramite l’Insolvency Service. Sebbene gli amministratori siano tenuti a notificare la proposta di scioglimento della società ai creditori effettivi, possibili e futuri e questi ultimi abbiano la possibilità di opporsi allo scioglimento, nella prassi può accadere che non tutti i creditori siano effettivamente informati (ad esempio se alcuni creditori non sono noti agli amministratori o se gli amministratori non seguono la procedura corretta). Quando la società è sciolta non viene nominato un liquidatore o amministratore – come invece accade nel caso di società insolvente – che ha il compito anche di verificare la condotta degli amministratori e riferire all’Insolvency Service. Ciò comporterà che soltanto quelle condotte illecite particolarmente gravi saranno oggetto di approfondimento.
Eppure, già nel 2018, anno in cui era stata per la prima volta prospettata questa modifica, il Governo aveva chiaramente ribadito che lo scioglimento di una società non dovesse essere inteso quale alternativa alla procedura formale di insolvenza. Questa idea è condivisa anche nella proposta presentata lo scorso maggio. Resta però fermo il fatto che in alcune circostanze lo scioglimento possa essere considerato un valido strumento per sciogliere la società.
Il disegno di legge è destinato ad avere efficacia retroattiva: si potranno condurre indagini e prendere provvedimenti anche sulle condotte degli amministratori poste in essere prima dell’entrata in vigore della legge. Allo stato, ai sensi del Company Directors Disqualification Act 1986, l’Insolvency Service può presentare una richiesta per rimuovere dalla carica un amministratore entro tre anni dall’inizio del procedimento di insolvenza della società, salvo diversa disposizione del tribunale. Il disegno di legge prevede un regime simile, facendo decorrere i tre anni dalla data di scioglimento della società.