Rent to buy immobiliare: aspetti contabili e fiscali del canone

L’accordo misto di locazione con patto di futura vendita di un immobile tra il concedente e l’utilizzatore.

Il contratto di rent to buy immobiliare è disciplinato dal D.L. 133/2014 dove sono stabilite le regole civilistiche dell’accordo misto di locazione con patto di futura vendita di un immobile, da cui emerge che, a differenza di quanto accade nella locazione con clausola di trasferimento vincolante per ambedue le parti, nel rent to buy il concedente si obbliga a vendere il bene ad una determinata data, mentre l’utilizzatore ha una semplice facoltà di acquisto dell’immobile.

In merito all’oggetto del contratto, la norma non stabilisce alcuna limitazione relativamente alla tipologia di immobile, che, quindi, può essere sia abitativo che strumentale e, nel contempo, non pone vincoli per quanto riguarda la qualifica delle parti del contratto (che possono quindi essere sia imprese che privati).

Dal punto di vista contabile, è necessaria la distinzione all’interno del canone di locazione della quota imputata al godimento dell’immobile da quella relativa all’acconto del prezzo di cessione pattuito tra le parti.

Ai fini contabili e fiscali, relativamente alla quota di godimento del bene, il concedente deve imputare un componente positivo nel conto economico, fiscalmente rilevante in misura pari al canone di locazione di competenza di ciascun esercizio, che andrà iscritto nella voce A.1 del conto economico – qualora si tratti di immobile merce -, oppure nella voce A.2 del conto economico – qualora si tratti di immobile strumentale per natura o patrimonio.

Per quanto riguarda gli immobili patrimonio, fiscalmente è necessario determinare il componente positivo di reddito in base alle regole dell’articolo 90 del Tuir, secondo cui rileva il maggiore tra canone di locazione, eventualmente ridotto in misura massima del 15% a titolo di spese di manutenzione ordinaria sostenute e documentate, e la rendita catastale.

Relativamente al canone incassato quale anticipo del prezzo pattuito per la vendita, si tratta di movimentazioni finanziarie che non assumono rilievo nella determinazione del reddito d’impresa del concedente, il quale a fronte dell’incasso iscrive un debito nei confronti dell’utilizzatore.

Solamente all’atto del successivo trasferimento del bene, qualora l’utilizzatore eserciti la facoltà di acquisto, si realizzerà alternativamente:

– un ricavo di vendita, al lordo degli acconti, se l’immobile è oggetto dell’attività propria dell’impresa concedente (bene merce);

– una plusvalenza (o una minusvalenza), al lordo degli acconti, se l’immobile ceduto è un bene strumentale o patrimonio di cui all’articolo 90 del Tuir.

Ai fini contabili, contemporaneamente alla rilevazione del credito per la vendita del bene, il concedente dovrà “stornare” il debito maturato relativo agli acconti incassati durante il contratto ed imputarli come componenti positivi di reddito.

Come anticipato, poiché l’utilizzatore ha una facoltà di acquisto del bene nel termine previsto dal contratto tra le parti, laddove non eserciti tale diritto le parti possono stabilire nel contratto che una parte dei canoni incassati in acconto prezzo siano trattenuti dal concedente. In tal caso, il debito iscritto per l’importo degli acconti incassati deve essere restituito per la parte non trattenuta e girocontato a sopravvenienza attiva per la parte trattenuta. Tale componente positivo concorre alla formazione del reddito d’impresa del concedente.

Filippo Radice
Ragioniere commercialista e revisore contabile in Meda (MB)
mailto:filipporadice@hotmail.com

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